Vi.Te., il Movimento prende voce. Storia, evoluzioni, speranze

Da molti anni ormai – esattamente dalla prima edizione nel 2012 -, nei giorni del Vinitaly, lo spazio ViViT è diventato la mia comfort zone, un’isola felice all’interno di un mondo caotico, estremamente affollato, e difficile da attraversare in tempi accettabili. Potete dunque ben capire il mio entusiasmo quando, dopo dodici anni di Vinitaly e otto anni di schizofrenia enoica, correndo ossessivamente da una fiera all’altra (Vinitaly, Cerea e Villa Favorita), un giorno ho ritrovato (tutti riuniti nello stesso spazio!) l’80% dei vignaioli che conosco, frequento e apprezzo senza dover scivolare tra la folla, evitando continui ostacoli tra un padiglione e un altro per raggiungerne uno nel minor tempo possibile. Assolutamente impagabile. Una possibilità che nemmeno il mio sogno erotico più inconfessabile aveva osato sperare…  E ancora meglio potete comprendere come mai non ho avuto alcuna esitazione a recarmi al Westin Palace a Milano domenica 26 gennaio alla prima conferenza stampa ufficiale di di Vi.Te – Vignaioli e Territori (l’associazione che da anni si interfaccia a Veronafiere SpA), organizzata da AIS Lombardia all’interno dell’evento “Enozioni”. Seduti in un salottino, la conferenza stampa si è svolta, come scherzosamente sottolineato da Gabriele Da Prato (presidente) e da Andrea Scaramuzza (segretario), in “modalità contadina e conviviale”, perfettamente in linea con l’approccio informale dell’associazione.

Ph. credits. Marco Colognese, da Repubblica (28.01.2020)

Ph. credits. Marco Colognese, da Repubblica (28.01.2020)

Fondata il 23 settembre 2012 da dodici soci fondatori – Elisabetta Foradori, Silvio Messana (Montesecondo), Elena Pantaleoni (La Stoppa), Cecilia Trucchi (Villabellini), Arianna Occhipinti, Alessandro Dettori (Tenute Dettori), Giuseppe Ferrua (Fabbrica di San Martino), Stefano Bellotti (Cascina degli Ulivi), Andrea Kihlgren (Santa Caterina), Sofia Pepe, Gabriele Da Prato (Podere Concori) e Stanko Radikon – l’associazione ha conosciuto varie fasi.

Priva di verticismi fin dal principio, Vi.Te ha tra i vari obiettivi (vedi http://vignaiolieterritori.it/wp-content/uploads/2017/07/atto_costitutivo.pdf) lo sviluppo della conoscenza della cultura legata al vino naturale e all’educazione alimentare nei confronti dei consumatori, la valorizzazione della agricoltura biologica e biodinamica e la promozione dei vini naturali derivanti da tali pratiche, sviluppo e promozione della ricerca in agricoltura biologica e biodinamica, il coordinamento e il sostegno di “attività e iniziative dedicate al vino naturale” e la collaborazione nell’organizzazione di “iniziative, manifestazioni fieristiche e attività del settore vitivinicolo a livello regionale, nazionale e internazionale.” Vale a dire, la creazione di un evento all’interno del Vinitaly, la più importante fiera del vino in Italia.

In un momento storico in cui - si parla del 2012 - il vino naturale si isola nei teatri dell’Off-Vinitaly (ViniVeri a Cerea e VinNatur a Villa Favorita), Vi.Te decide di andare nella direzione opposta: fare ritorno al centro del palcoscenico e riprendersi la scena. Quella di Vi.Te. – Da Prato tiene a sottolinearlo – è un’ottica inclusiva e trasversale, che offre sostegno ai microterritori che non possono essere presenti sulla scena. E a riprova di questo, la provenienza dei vignaioli soci è molto eterogenea, con frequenti casi di vignaioli che fanno parte allo stesso tempo anche di altri gruppi, senza alcun tipo di veto.

Nel 2015 si decide di fare un passo ulteriore nella valutazione delle domande di ingresso che arrivano all’associazione. Ai vignaioli vengono poste quattro domande che evidenziano lo spostamento dell’attenzione dal vino al vignaiolo, mettendolo al centro. Qual è la sua storia? Come conduce la vigna? Che cosa fa in cantina? E qual è la sua visione del mondo?

Sono quattro domande semplici, disarmanti, che mettono a nudo l’essenza di un’azienda e del vino prodotto, perché ogni scelta – anche quella di non fare niente – ha delle conseguenze ben precise. Moltissime sono le richieste. Prevedibile, visto che il ViViT nei precedenti tre anni ha riscosso un tale successo da rendere sempre più arduo l’accesso allo spazio messo a disposizione da Veronafiere.

La procedura di selezione evolve ancora, ma sempre senza l’aiuto di enti certificatori, o di ispettori, con una semplice visita ai vignaioli aspiranti da parte di soci più esperti (i cosiddetti saggi, come li definisce Da Prato) che spesso vivono sullo stesso territorio.

Alla domanda di Stefano Palmisano ( https://cibodiritto.com ) se esista un documento che indichi tutti i criteri per la selezione, Da Prato non ha esitazioni: “Sì, ma si tratta di un documento interno all’associazione. E’ una traccia ideale che poi va applicata al singolo caso, perché se le regole iniziano a essere tante, spesso la gente tende a mentire.” Ciò che prevale, dunque, è il confronto. “La necessità oggi non è andare a chiedere dati specifici, ma comprendere quale sia la visione. La certificazione è superata, così come le ricette replicabili da chiunque. Il vino "naturale" può farlo chiunque e rientrare facilmente nei parametri. Il vignaiolo invece è irripetibile.

Questa affermazione non deve sorprendere. Se la certificazione è superata, lo si deve anche al Regolamento Europeo 203/2012, che pur avendo optato per scelte radicali nel campo delle pratiche agronomiche in vigna, si è rivelata assai meno rigida in cantina, consentendo pratiche quali l’acidificazione e la disacidificazione dei vini, l’osmosi inversa, l’uso di lieviti selezionati (inclusi quelli OGM), di tannini, gomma arabica, chips, azoto, anidride carbonica, e l’aggiunta di ben 34 sostanze coadiuvanti[1] (contro le 45 utilizzabili da un produttore convenzionale) e di solforosa in quantità di poco inferiori a quelle contenute nei vini  convenzionali.

Per rendersi conto, basta riportare i quantitativi massimi di anidride solforosa permessi dai singoli disciplinari (convenzionale, biologico dal 2012 e Demeter) e quelli medi relativi ai vini naturali:

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  CONVENZIONALI BIOLOGICI DEMETER NATURALI

VINO ROSSO 150 mg/L 100 mg/L 70 mg/L 30 mg/L

VINO BIANCO 200 mg/L 150 mg/L 90 mg/L 40 mg/L

 

Come avevo già evidenziato nel 2015,

“Se il Regolamento rappresentava un’importante affermazione dell’agenda agronomica ecologista, che aveva a cuore la salvaguardia dell’ambiente, per chi produceva vino naturale era comunque il risultato di un compromesso che sanciva una paradossale (e, sotto molti aspetti, diabolica) separazione tra il vigneto e la cantina, come se fossero due universi paralleli che non solo non dialogavano tra loro, ma seguivano addirittura logiche opposte: la vigna e il contadino, da un lato, la cantina e l’industria, dall’altro. In altri termini, in Europa sono stati usati due pesi e due misure: se nel vigneto regnava l’intransigenza più assoluta, in cantina quasi tutto era lecito.

L’apparente mancanza di coraggio da parte dei legislatori in merito alle pratiche enologiche di cantina celava la reale portata degli interessi coinvolti. Perché mai un produttore di vino biologico avrebbe dovuto seguire un simile disciplinare? Perché mai avrebbe avuto bisogno di aggiungere tutti quegli additivi? La risposta era semplice: perché simili pratiche erano funzionali a ritoccare in cantina vini prodotti con uve di scarsa qualità, a ottenere vini sempre uguali, ripetibili e quindi riconoscibili dal consumatore, e infine a rendere possibile una programmazione delle lavorazioni in cantina, trattando il vino come un prodotto industriale.[2]

Naturalmente valeva anche la domanda contraria. Perché mai un produttore che non si riconosceva nei princìpi alla base della produzione di vino naturale avrebbe voluto fregiarsi a tutti i costi del marchio di vino biologico? Qui la risposta era ancora più semplice: perché il mondo del biologico aveva attirato l’attenzione dei media e del consumatore e, di conseguenza, anche quella dell’industria. E infatti, lungi dal favorire chi produce vino naturale e dal proteggere i suoi consumatori, il Regolamento Europeo sembrava piuttosto dettato dagli enormi interessi economici degli industriali del vino e delle multinazionali produttrici di coadiuvanti enologici.”

(Da “La Barbera è femmina!, Ed. Estemporanee, 2016, pag. 153.)

Saltare sul carro dei vincitori è facile. Le norme sono aggirabili. Per questo motivo, serve un’attenzione particolare alla persona e alle sue pratiche quotidiane. Sono le pratiche quotidiane del vignaiolo – non solo ciò che fa in vigna o in cantina, ma anche quello che mangia a tavola, quello che dà da mangiare ai suoi figli, gli animali che alleva, gli alberi che pianta o le piante che coltiva oltre alle viti – a parlare per lui, a certificarne la visione.

Ph. credits. Intravino (11.10.18)

Ph. credits. Intravino (11.10.18)

Nel corso degli anni l’area “ViViT by Vinitaly in collaborazione con Vi.Te.“ (dove l’associazione Vi.Te. svolge il ruolo di selezionatore per Veronafiere) dedicata al vino naturale ha avuto un grande successo. Basta esserci andati una volta per essersene resi conto. Nel 2018 l’associazione dà il via all’evento su invito AREAViTe (solo per la stampa) e nel dicembre dello stesso anno avviene la svolta: Vi.Te. non si sente più di essere semplice selezionatore di aziende e nel 2019 inizia a gestire lo spazio in proprio, Vi.Te, che porta i vignaioli dal Padiglione 8 al Padiglione F, nell’Organic Hall.

E ViViT? Smette semplicemente di esistere.

Veronafiere inoltre ha assegnato a Vi.Te l’incarico di organizzare ogni anno tra il 2019 e il 2021 quattro masterclass e quattro seminari su temi legati “all’agricoltura e alla produzione enologica sostenibile”. Nel 2019 si è parlato dell’identità del vignaiolo, del cambiamento climatico, dell’economia del vino naturale, e dell’ecologia del commercio. Le tematiche per l’edizione 2020 (19-22 aprile) verranno presentate a breve.

Nel Padiglione F, accanto a Vi.Te., ci saranno FederBio e lo spazio Micromega Wine, progetto voluto da Ian D’Agata, “uno spazio pensato per le piccolissime aziende che producono altissima qualità, e vini meno conosciuti, da vitigni autoctoni e non solo, o da varietà piantate su pochi ettari, quasi estinte” (WineNews, 21.10.19).

Le Masterclass di Vi.Te. (nell’edizione precedente dislocate all’esterno del Vinitaly) si sposteranno all'interno del Padiglione F, coinvolgendo anche quest'anno i vignaioli dell'associazione e rivolgendosi a un pubblico specifico selezionato anche dalla scelta della lingua inglese. L’oggetto NON sarà il vino: i vini verranno degustati alla cieca, esplicitando soltanto il vitigno, il territorio d’origine e l’annata di produzione. “L’assaggio sarà solo il pretesto per portare la propria testimonianza”, conclude Da Prato. Altre novità saranno i seminari con i vignaioli coordinati da Sandro Sangiorgi (con la speranza che diventino dei podcast), la presenza di alcuni vignaioli artigianali naturali (VAN) all’interno dello spazio Vi.Te., un desk a sostegno delle aziende più piccole e uno con i vini di chi non è riuscito a esserci, serviti da un vero oste – degli oltre 150 soci, infatti, circa una trentina non sarà presente a Verona.

Il nuovo percorso è stato anticipato nel gennaio scorso da quattro incontri itineranti (Valpolicella, Maremma, Roma, Abruzzo), durante i quali la comunità agricola presente si è confrontata su “esperienze, conoscenze, idee e opinioni”, facendo emergere problematiche comuni ed esigenze concrete individuali, come la gestione di un’arnia o il rapporto con l’artigianalità di un luogo. “Per le questioni di natura burocatrica o di natura legale,” conclude Da Prato, “c’è già FIVI. Vi.Te ora deve concentrarsi su altro.”

Di qui l’idea di creare un forum su cui confrontarsi e condividere le esperienze positive degli altri, in modo che ne rimanga traccia e memoria. L'intenzione è poi quella di portare le tematiche più interessanti all'interno di un evento fatto di tavole rotonde tra i vignaioli, che possa evolvere poi idealmente in una pubblicazione scientifica in collaborazione con ricercatori e studiosi.

D’altronde, questo aspetto stava nel loro Dna fin dal principio. Sta scritto nell’Atto Costituivo al primo punto, tra gli obiettivi, tre posizioni prima di quello inerente alla creazione di un evento all’interno del Vinitaly. Lasciare traccia. Salvare la memoria. Una sfida lanciata da un mondo fragile che rischia di scomparire per il totale abbandono a un mondo liquido in cui tutto scompare in un istante, risucchiato nell’indifferenza all’interno di una sovrabbondanza di informazioni, mai veramente cancellato, mai veramente conosciuto.

Riusciranno nell’impresa? Io mi auguro di sì. Da parte mia, non posso che essere dalla parte di chi ha chiamato tutto questo con un motto che mi è familiare: “Vi.Te. in fermento!”.  Non resta che seguire le loro imprese e fare il tifo per loro.  

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[1] Per coadiuvanti enologici si intendono tutti quei prodotti che possono essere aggiunti al vino per correggerlo. Nel caso dei vini biologici i coadiuvanti concessi sono 34: Acido citrico / Acido L(+)tartarico / Acido L-ascorbico / Acido lattico / Acido metatartarico / Albumina d’uovo / Batteri lattici / Bentonite / Bisolfito di potassio / Metabisolfito di potassio / Bicarbonato di potassio / Carbonato di calcio / Caseinato di potassio / Caseina / Carbone enologico / Citrato di rame / Colla di pesce / Cloridrato di tiamina / Biossido di silicio (Gel di Silice) / Scorze di lieviti / Gelatine / Gomma arabica / Fosfato diammonico / Cremor di tartaro / Lieviti secchi attivi (LSA) / Proteine di origine vegetale ottenute dal frumento o dai piselli / Chips di legno di quercia / Mosto concentrato / Mosto concentrato rettificato / Enzimi per l’attivazione della pectinasi / Solfato di rame / Tannini enologici / Tartrato neutro di potassio / Anidride solforosa (SO2). Nei vini convenzionali sono 45.

[2] Cfr. Il-vino biologico non è il vino naturale, di B. Pulliero, pubblicato il 07.05.2012 sul sito www.sorgentedelvino.it.